IL CASO ACERBI...I PRINCIPI DI DIRITTO CHE DOVREBBERO ESSERE APPLICATI A TUTTI.

Il caso Acerbi, risolto oggi attraverso la pubblicazione del C.U. n. 198 da parte del Giudice Sportivo Nazionale presso la LEGA SERIE A, permette di effettuare una analisi ben precisa sull'attuale status della Giustizia Sportiva federale.
Infatti, da giurista ho sempre ritenuto che, in assenza di prova certa (come anche nel caso in esame), qualsiasi soggetto sottoposto a procedimento disciplinare deve essere assolto dalle accuse mosse nei suoi confronti proprio perchè, anche nella Giustizia Sportiva, il grado di certezza della commissione dell'illecito deve essere assoluto e gli elementi di prova portati dall'accusa devono essere gravi, precisi e concordanti.
Ed, invece, fino ad oggi è prevalso sempre il principio secondo cui "...Nel procedimento disciplinare non è richiesta la certezza assoluta della commissione dell’illecito, né il superamento del ragionevole dubbio, come previsto nel processo penale, essendo, invece, sufficiente un grado inferiore di certezza, ottenuta sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, in modo tale da acquisire un ragionevole affidamento in ordine alla sussistenza della violazione contestata sicchè la ragionevole certezza in ordine alla commissione dell'illecito può essere anche provata mediante indizi, qualora essi siano gravi, precisi e concordanti e la prova del nesso causale tra la condotta dell'agente e la violazione della fattispecie regolamentare può essere raggiunta sulla base della regola della preponderanza del ragionevole dubbio o del più probabile che non...".
Da avvocato difensore nei procedimenti sportivi di molti tesserati (atleti/atlete, dirigenti, allenatori) e diverse società lasciatemi dire che, questo ragionamento (che per certi versi potrebbe essere anche corretto), comunque cozza con i principi del "giusto processo". Se è pur vero che l'Ordinamento sportivo deve garantire la massima tutela verso il rispetto dei principi di lealtà sportiva, è altrettanto vero che deve essere garantito, proprio per questo, il massimo diritto di difesa ai soggetti sottoposti a procedimento, soprattutto quando si rischia la carriera e/o il proprio lavoro, come nel caso di Acerbi.
Il caso Acerbi ha permesso di inquadrare l'attuale problema della Giustizia Sportiva per cui si è parlato in questi giorni più dell'aspetto morale, sociale e culturale della questione invece di analizzare la stessa da un punto di vista sostanziale e processuale, che doveva essere l'elemento principale. Praticamente si è sbattuto l'ipotetico colpevole "in prima pagina" per poi vedere che lo stesso è stato assolto (diciamo cosi).
Ma ecco alcuni spunti ripresi dalle motivazioni della decisione:
1. "...la condotta discriminatoria, per la sua intrinseca gravità e intollerabilità, per di più quando riferita alla razza, al colore della pelle o alla religione della persona, deve essere sanzionata con la massima severità a norma del Codice di giustizia sportiva e delle norme internazionali sportive, ma occorre nondimeno, e a fortiori, che l’irrogazione di sanzioni così gravose sia corrispondentemente assistita da un benché minimo corredo probatorio, o quanto meno da indizi gravi, precisi e concordanti in modo da raggiungere al riguardo una ragionevole certezza...";
2. " Rilevato che nella fattispecie la sequenza degli avvenimenti e il contesto dei comportamenti è teoricamente compatibile anche con una diversa ricostruzione dei fatti, essendo raggiunta sicuramente la prova dell’offesa ma rimanendo il contenuto gravemente discriminatorio confinato alle parole del soggetto offeso, senza alcun ulteriore supporto probatorio e indiziario esterno, diretto e indiretto, anche di tipo testimoniale".
Quindi, vale per tutti il principio per cui "...l’irrogazione di sanzioni così gravose sia corrispondentemente assistita da un benché minimo corredo probatorio, o quanto meno da indizi gravi, precisi e concordanti in modo da raggiungere al riguardo una ragionevole certezza..." indistintamente dall'illecito commesso bensì sulla valutazione del valore e del quantum della
sanzione applicata.
Cosi come "... ma rimanendo il contenuto gravemente discriminatorio confinato alle parole del soggetto offeso, senza alcun ulteriore supporto probatorio e indiziario esterno...".

FACCIAMONE TESORO DI QUESTI DUE PRINCIPI GIURIDICI CHE, ALL'INTERNO DEL PROCESSO SPORTIVO, SONO SICURAMENTE PIU' IDONEI ALLA TUTELA DIFENSIVA DI TUTTI I SOGGETTI SOTTOPOSTI A PROCEDIMENTO DISCIPLINARE, PER UN VERO "GIUSTO PROCESSO".